martedì 23 ottobre 2012

24 ottobre 1944


ECCIDIO DEL 24 OTTOBRE 1944 - Novara, Piazza Crispi “ora Piazza Martiri”
e Piazza Cavour

24 ottobre 1944


Quella mattinata si verificò uno scontro fra i partigiani di "Taras" e "Andrej" e la squadraccia" di Martino. Il combattimento si concluse con il successo dei partigiani e con la perdita di sei uomini da parte fascista. Rientrato a Novara, Martino, anch'egli ferito, preparò immediatamente la vendetta.
prelevarono dal carcere Mario Soldà, coducendolo Castelletto di Momo, dove fu impiccato , insieme a lui furono uccisi anche Piero Protasoni, Giovanni Erbetta e il georgiano Tateladze Sicor, furono bruciate anche alcune abitazioni,per vendicare la sconfitta subita.
Giunti a Novara a meta pomeriggio, Pasqualy e Martino si recarono al Castello sforzesco, precipitandosi dal direttore delle carceri per ordinargli l'immediata consegna di alcuni partigiani,prelevarono dalle carceri armi in pungo Lodovico Bertona, Aldo Fizzotti e Giovanni Bellandi, portandoli in Piazza Crispi, ora Martiri della Libertà dove alcuni mesi prima furono assassinati altri due partigiani, ora venivano trascinate nuove vittime,i tre vennero bastonati a sangue e successivamente fucilati. Soltanto l'indomani fu concesso il permesso di prendersi cura dei cadaveri e di dare loro una degna sepoltura.
Ma la squadraccia non era sazia di sangue. Le uniche attività di questo reparto di polizia repubblichina erano i rastrellamenti nei cascinai del basso Novarese, gli interrogatori di terzo grado, le bastonature, le torture, le sevizie, gli incendi, i ricatti e le taglie.
Non soddisfatti degli assassinii compiuti nella giornata a Castelletto di Momo e in Piazza Crispi a Novara. Rientrarono in carcere prelevando altre quattro persone, Vittorio Aina, Mario Campagnoli, Emilio Lavizzari e Giuseppe Piccini,i quattro furono trasferiti in Piazza Cavour dove sbattuti contro il muro di cinta del caffè Menabrea venivano falciati dalle raffiche di mitra e finiti con un colpo sulla nuca.
Come per i morti di Piazza Crispi, anche qui fu vietato a chiunque di avvicinarsi ai corpi dei caduti.
I cadaveri, lasciati lungo il muro del "Menabrea" restarono esposti alla pioggia sino al giorno seguente, quando poterono finalmente essere rimossi e condotti al cimitero.


Per non dimenticare lo sforzo compiuto alla lotta al fascismo