giovedì 15 novembre 2012

notav

In questi ultimi due giorni si è avuto un piccolo esempio di cosa potrebbe voler dire aprire cantieri Tav nella cittadina di Susa.
Lunedì notte uno spiegamento spropositato di forze dell’ordine ha accompagnato tre trivelle  in zona autoporto di Susa.
La statale 24 chiusa per un lungo tratto, idem l’autofrejus in carreggiata di discesa. Per tutto il giorno il traffico impazzito si riversava dentro Susa e Bussoleno creando disagi notevoli a cittadini e lavoratori. Blindati e new jersy in mezzo alla strada con cordoni di polizia e carabinieri a bloccare la normale viabilità. Chissà cosa avranno pensato i sindaci dell’alta valle, con alle porte la stagione sciistica, nel vedere gli uomini in divisa chiudere le strade che portanto alle montagna olimpiche….
Nel tardo pomeriggio di ieri la risposta dei valsisini è stata come sempre importante.
Prima il corteo di 400 persone che è arrivato a ridosso delle trivelle eludendo i blocchi, e poi, dalle 22 in avanti, il blocco totale della A32 fino a notte fonda, obbligando così le forze dell’ordine a ritardare notevolmente il cambio notturno passando dal Sestriere.
Questa sera, invece, dalle 19 in avanti, dopo una semplice battitura ai new jersy, hanno pensato bene di scaricare una quantità impressionante di lacrimogeni tra statale 25 e autostrada, con i gas che arrivavano nei cortili e nelle case. Ancora un’ ora fa l’area di San Giuliano era avvolta da una fitta nebbia velenosa che stava mettendo in serio pericolo gli automobilisti, gli autisti dei tir, gli abitanti della borgata e i manifestanti che, comunuque, continuavano a resistere determinati
Constatiamo ormai con chiarezza che per lo stato italiano la Valle di Susa è considerata un territorio straniero da occupare e militarizzare con ogni mezzo necessario.
In Afghanistan si “importa” la democrazia a suon di armi e in Valle si importano le “Grandi opere” sempre a suon di armi.
Alle esigenze e al sentire delle popolazioni locali si risponde con la violenza dei militari e dei loro mezzi da guerra.
Ma la storia insegna che i popoli sotto colonizzazione si sono stretti tra loro cementificando i loro legami per poi sviluppare quel sano anticorpo chiamato resistenza diffusa.
Resistere è la parola che unisce, e quelle resistenze sono durate fino a che l’invasore, stanco e demotivato, ha tolto il disturbo.
In Valle di Susa più passano gli anni e più quell’idea di resistenza si propaga: dai bambini ai giovani studenti fino ad arrivare agli anziani.  Un intera popolazione che da venti anni difende con le unghie e con i denti la propria terra e il proprio futuro.
Sappiamo che è dura, ma sappiamo anche come andrà a finire.
Indietro non si torna

giovedì 1 novembre 2012

Presidio

Sabato 3 novembre, alle ore 15.00 in pazza delle erbe presidio contro tutte le guerre, contro tutti gli eserciti,contro tutte le fabbriche di armi

   
IL 4 NOVEMBRE NON SI FESTEGGIA

Nessuna festa il 4 novembre: una data da ricordare con orrore. I militaristi celebrano la cosiddetta vittoria nella prima guerra mondiale: un macello senza precedenti che, tra l'altro, ha aperto le porte, nel nostro paese, ad un insolito nazionalismo guerrafondaio ed all'affermazione del regime fascista.
Oggi come allora diverse forze politiche non smettono di glorificare la guerra chiamandola ipocritamente “missione di pace”. Oggi i soldati italiani sono impiegati in diversi teatri di guerra: in Libano, Bosnia Erzegovina, Kosovo, Afghanistan, Rafah, Uganda, Golfo di Aden e Bacino Somalo, nei paesi del Corno d'Africa. Dalla storia molti non hanno ancora imparato che le armi schierate sui campi di battaglia portano sempre morte e dolore.
E l'Italia continua ad armarsi, pure in tempi di crisi. Si semina morte e si sprecano risorse sui campi di battaglia o per prepararsi a guerre future. Tanto per fare qualche esempio: ormai si sa che ben più di 15 miliardi di euro saranno presto spesi per comprare 90 cacciabombardieri F-35 (e già quasi 3 miliardi sono stati spesi per avviare il progetto e per costruire lo stabilimento dentro l'aeroporto militare di Cameri); e poi le altre spese in armamenti: più di 18 miliardi di euro per 121 caccia Eurofighter in previsione fino al 2018, quasi 4 miliardi di euro (fino al 2018) per 100 elicotteri di trasporto tattico Nh-90, 1,39 miliardi di euro (fino al 2016) per la nuova portaerei Cavour, 1,5 miliardi di euro (fino al 2015) per due fregate antiaeree della classe Orizzonte, 5,68 miliardi di euro (fino al 2019) per 10 fregate europee multimissione Fremm, 1,885 miliardi di euro (fino al 2016) per quattro sommergibili U-212, 1,5 miliardi di euro (fino al 2013) per 249 veicoli blindati medi Vbm 8x8 Freccia.
Per noi tutto ciò è mostruoso, come è mostruoso pensare di creare sviluppo economico con la produzione di armi da parte di gruppi industriali come Finmeccanica. E intanto si tagliano le spese sociali.

CONTRO TUTTE LE GUERRE
CONTRO TUTTI GLI ESERCITI
CONTRO TUTTE LE FABBRICHE D'ARMI

MOVIMENTO NO F-35